Cenni Biografici

La passione per la pittura, appalesatasi quando era ragazzo, avrebbe accompagnato Oscar Piattella (1932 – 2023) in ogni momento della sua vita. La pittura in qualche modo lo aveva cercato quando, nei primi anni Cinquanta, giungevano a pensione nella grande casa avita in Pesaro, due giovani insegnanti, suoi coetanei, che poi sarebbero divenuti i noti artisti Giuliano Vangi e Loreno Sguanci.

Nel dinamico tempo postwar prende corpo a Pesaro un notevole gruppo di artisti tra loro in costante dialogo, con rapporti amicali e professionali, che per numero e livello non ha eguali in ambito non solo provinciale, e al quale si deve l’azione di aver dissodato il campo culturale della città adriatica, trasformandolo in punto di riferimento transregionale.

Per Piattella le frequentazioni iniziate quando ancora a Pesaro si camminava tra le macerie della guerra, avrebbero consolidato quei talenti che reclamavano spazi mentali e stimolanti confronti. La sua pittura inizialmente figurativa, incentrata su ritratti psicologicamente ben delineati, lascia spazio, già a metà degli anni Cinquanta, ad un nuovo modo di sentire. Aveva cominciato, pressoché da autodidatta, riempiendo nelle terre attorno al Catria un taccuino denso di disegni dedicati al paesaggio che Russoli avrebbe indicato come “quel bellissimo album di appunti, così intensi, veri, immediati”. Ma ben presto per lui il paesaggio sarebbe divenuto altro, non più vasto abbecedario della natura a cui attingere per estrarre pretesti pittorici di impronta figurale. Il dipinto La Rocca, del 1955, esposto per la prima volta nella mostra di Pesaro del 2020, svela in nuce la precoce intuizione del formidabile tema del muro che nel volgere di pochissimi anni subisce una fulminea elaborazione in grado di condurre alla felice, matura serie esposta nel 1958 alla Galleria l’Ariete di Milano, con l’autorevole introduzione critica di Franco Russoli.

Tale trasformazione del linguaggio, che Piattella elabora velocemente ed in maniera molto sicura, avviene proprio negli anni giovanili, vissuti a Pesaro. Qui avrebbe stretto solidi e duraturi rapporti con Bruno Baratti, Renato Bertini, Bruno Bruni, Sandro Gallucci (suo iniziale maestro) e con Nanni Valentini. Ed in quella Pesaro dove, in campo scultoreo, è pure la formidabile impronta di Arnaldo e del fratello Giò Pomodoro, Piattella condivide, in differenti periodi, l’atelier con lo scultore Vangi ed il plasticatore Nanni Valentini.

Nel mentre Pesaro emerge come un faro per l’arte contemporanea marchigiana, il territorio collinare ospita, le importanti esperienze poveriste coagulate attorno a Pier Paolo Calzolari, amico dello scrittore Paolo Volponi, che oltrepassati gli anni iniziali della docenza all’Accademia di Belle Arti a Urbino (aperta nel 1967) avrebbe operato per molti anni, con il suo studio, a Fossombrone. Mentre all’ombra dell’Appennino cresceva in Cagli lo scultore Eliseo Mattiacci, che, dopo le esperienze ed i successi romani ed internazionali, avrebbe scelto, infine, Pesaro.

La presenza di Arnaldo Pomodoro, nel 1971, conduce Pesaro a varare la stagione delle sculture in area urbana, e nel 1990 porta alla creazione del Centro TAM a Pietrarubbia; quella di Eliseo Mattiacci induce alla costituzione nel 1991 del Centro di Scultura Contemporanea Torre Martiniana di Cagli; e quella di Loreno Sguanci provoca la nascita, nel 1996, del Centro Arti Visive Pescheria di Pesaro. Dal canto suo Piattella stimola a Cantiano l’identificazione di uno spazio dedicato all’arte contemporanea, dando in deposito temporaneo opere monumentali raffiguranti il muro.

Piattella è, certamente, il pittore che è stato in grado di imbrigliare la luce per fare vibrare la materia, alchemicamente dosata e manipolata, con la quale ha costruito larga parte dei suoi dipinti.

Ma la sua creatività non si è certo limitata alla superficie bidimensionale del quadro. È il caso, per citarne uno emblematico, della monumentale abside vetrata policroma (m. 6 Ø, m. 17 H, m. 10 l) del transetto del Santuario di Nostra Signora della Salute in Torino, alla cui base è l’urna in marmo e cristallo con il corpo di San Leonardo Murialdo. In due anni di lavoro, con la tecnica tradizionale delle vetrate a piombo, sono state tagliate nei primi anni Novanta del Novecento, ben 13.000 tessere in vetro soffiate a bocca.

Nel 1957, in un viaggio a Parigi, Piattella può confrontarsi direttamente con le esperienze dell’Informale europeo e con le nuove ricerche nel campo dell’astrattismo di artisti francesi e catalani. La suggestione di vecchi palazzi parigini, con muri grondanti degli orrori della guerra, lo induce a nuove considerazioni sullo spazio pittorico e sulla superficie che, in tal modo, si arricchisce di nuove cromie e di proliferazioni segniche.

Poco dopo, nel 1958 conosce Franco Russoli, allora direttore della Pinacoteca di Brera e autorevole esponente della critica militante, che apprezza alcuni suoi lavori nello studio dell’amico fraterno Nanni Valentini a Milano. A Milano, Piattella entra in contatto con l’ambito artistico dalle forti connotazioni internazionali e stringe amicizia con Piero Dorazio, Enrico Castellani, Pietro Cascella, Mario Nigro, Lucio Fontana, Tancredi, Ettore Sottsass, il fotografo Ugo Mulas ed altri esponenti del panorama artistico europeo. In particolare frequenta assiduamente Arnaldo e Giò Pomodoro, Paolo Schiavocampo, Giuseppe Spagnulo, Albert Diatò, Claudio Olivieri e Walter Valentini.

Viene invitato a rassegne internazionali ed espone in importanti gallerie italiane ed estere, e le sue opere entrano in prestigiose collezioni pubbliche e private.

L’intensa attività di ricerca porta negli anni la sua pittura a ricevere ampi consensi sia da parte della critica più accreditata sia di un vasto pubblico internazionale. Numerose, specie negli ultimi anni, le vaste mostre antologiche in spazi istituzionali in Italia e all’estero.

Dalla metà degli anni Settanta si interessa alla grafica d’arte e alla produzione di libri d’artista in edizioni multiple o esemplari unici. Si ricorda la cartella Sette movimenti in bianco/nero con sette poesie inedite di Cesare Vivaldi nel 1977, l’edizione della Divina Commedia di Dante Alighieri in tre volumi con cento disegni originali in ogni esemplare nel 2007 e LaLuce scritto insieme allo psichiatra Ugo Amati nel 2007.

Numerosi critici si sono interessati al suo lavoro con testi scientifici e articoli su riviste specializzate e tra questi si ricordano: Martine Arnault, Ivana Baldassarri, Tiziano Broggiato, Massimo Cacciari, Luciano Caramel, Luca Cesari, Enrico Crispolti, Fabrizio D’amico, Lucio Del Gobbo, Andrea Emiliani, Armando Ginesi, Nunzio Giustozzi, March Herrisè, Aldo Iori, Gilbert Lascau, Francesco Lista, Alberto Mazzacchera, Lucilla Niccolini, Feliciano Paoli, Sandro Parmiggiani, Giancarlo Politi, Michele Polverari, Franco Russoli, Roberto Sanesi, Francesco Scoppola, Daniela Simoni, Italo Tomassoni, Duccio Trombadori, Miklos N. Varga, Cesare Vivaldi, Francesco Vincitorio.

Piattella per molti anni ha convogliato i suoi interessi anche verso la poesia, stabilendo rapporti di lavoro e amicizia con vari poeti internazionali tra cui Yves Bonnefoy, Anna Buoninsegni, Gianni D’Elia, Eugenio De Signoribus, Franco Loi, Bernard Noël, Francesco Scarabicchi, Maria Luisa Spaziani e Fabio Scotto che gli hanno dedicato saggi, poemi e prose.

Dal 1958 Piattella ha vissuto a Cantiano, nel suo atelier “eremitico”, lungo l’antica consolare Flaminia, nell’Appennino umbro-marchigiano costruendo uno speciale rapporto con Gubbio, la sua città sacra, e mantenendo sempre vitali e stretti i legami con Pesaro ed il suo eccezionale gruppo di artisti.

La traccia impressa dagli artisti nei territori in cui vivono da sempre è di grande portata e spesso perdura nel tempo. Ciò è ancor più vero quando ci si trova di fronte ad artisti che, come Piattella, hanno avuto l’intuizione, poi trasformatasi negli anni in piena consapevolezza, del proprio ruolo sia quale maestro, capace di innovare tecniche e linguaggi entro il solco di una ricerca vera, sia, al contempo, quale uomo di pensiero e moderno intellettuale.